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Comitato comunale dell'Opera nazionale maternità e infanzia

Sede: Uzzano (Pistoia)

Date di esistenza: 1937 - 1979

Intestazioni: Comitato comunale dell'Opera nazionale maternità e infanzia, Uzzano (Pistoia), 1925 - 1975

Storia amministrativa:
L'Opera nazionale protezione maternità e infanzia (O.N.P.M.I., poi O.N.M.I.) fu istituita come ente morale parastatale, con sede in Roma, con la legge 10 dicembre 1925, n. 2277, poi integrata dal R.D.L. 21 ottobre 1926, n. 1904, subendo modificazioni sostanziali con la legge del 26 agosto 1950, n. 860, e con il regolamento del 21 maggio 1954, n. 568. Le sue finalità principali erano la protezione e l'assistenza, sanitaria e sociale, della maternità e dell'infanzia, «delle gestanti e delle madri bisognose o abbandonate; dei bambini lattanti e divezzi sino al quinto anno, appartenenti a famiglie bisognose, dei fanciulli fisicamente o psichicamente anormali, e dei minori materialmente o moralmente abbandonati, traviati o delinquenti, sino all'età di anni diciotto, compiuti». Rientravano inoltre fra le funzioni dell'O.N.M.I. la diffusione di norme e metodi scientifici di igiene prenatale e infantile, l'organizzazione della profilassi antitubercolare e la lotta contro le malattie infantili, l'erogazione di sussidi a minori illegittimi sia riconosciuti che non riconosciuti, il conferimento di premi di nuzialità e di buon allevamento della prole ed il finanziamento ed il funzionamento di consultori. Organi esecutivi dell'opera erano le federazioni e i patronati. I comitati di patronato, istituiti in ogni comune dalla legge del 1925, avevano sede presso locali forniti ed arredati dagli stessi comuni e si avvalevano della collaborazione gratuita di impiegati e segretari comunali.
Al comitato era attribuito dalla legge il compito di organizzare e attuare l'assistenza della maternità con ambulatori specializzati, adoperandosi perché le madri allattassero i loro figli e perché questi fossero sorvegliati e curati nel periodo dell'allattamento e dopo lo svezzamento, anche con l'aiuto di infermiere retribuite dall'opera nazionale e da visitatrici volontarie. Inoltre era compito del comitato esercitare una vigilanza igienica, educativa e morale sui fanciulli minori di quattordici anni, collocati fuori della dimora dei genitori o tutori, presso nutrici o istituti pubblici o privati di assistenza e beneficenza e provvedere all'assistenza, al ricovero, all'istruzione e all'educazione dei fanciulli abbandonati; curare l'assistenza e la protezione dei minori anormali e dei minorenni materialmente o moralmente abbandonati, esercitando, in concorso con le congregazioni di carità, le attribuzioni previste dall'art. 8 della legge 17 luglio 1890, n. 6972; vigilare sugli adolescenti, denunciando all'autorità giudiziaria fatti che potessero importare la perdita della patria potestà, della tutela legale e della qualità di tutore e curare la legale rappresentanza dei minorenni; denunciare fatti in contrasto con la legge sul lavoro dei fanciulli e con altre disposizioni emanate a loro tutela; assumere le iniziative necessarie per la protezione e l'assistenza della maternità e infanzia nei singoli comuni e promuovere presso i prefetti i provvedimenti di cui all'art. 27 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2841 (R.D. n. 2316/1934, art. 13).
A norma della legge del 1925 il comitato di patronato per la protezione della maternità e dell'infanzia era composto da membri di diritto e da membri scelti, dal presidente della federazione provinciale, tra persone di indiscussa probità ed esperte in materia di assistenza materna ed infantile. Secondo il dettato del R.D. n. 2316/1934 erano patroni di diritto: il segretario del fascio di combattimento o un suo delegato, un magistrato o un conciliatore designati dal presidente del tribunale, l'ufficiale sanitario del comune, il presidente della congregazione di carità, il direttore didattico o un maestro, un sacerdote avente cura delle anime e designato dal prefetto ed infine la segretaria del fascio femminile. Il podestà o suo delegato era di diritto presidente del comitato di patronato; per assenze o impedimenti veniva sostituito dalla segretaria del fascio femminile.
La legge 1° dicembre 1966, n. 1081, dettava nuove norme per l'ordinamento dell'Opera a livello nazionale, provinciale e locale e mutava la denominazione del "Comitato di patronato" in "Comitato comunale". L'art. 3 prevedeva una diversa composizione di detto organo locale: esso era composto infatti dal sindaco o da un consigliere comunale, da lui delegato, con l'incarico di presidente; da tre consiglieri comunali, di cui uno di minoranza, designati dal consiglio comunale; da due membri designati dalla federazione provinciale; da due membri designati dal consiglio comunale tra esperti di problemi assistenziali, di cui uno espresso dalla minoranza; dal presidente dell'Ente comunale di assistenza; dall'ufficiale sanitario o, in mancanza, da un medico condotto designato dal sindaco; da un ispettore scolastico o un direttore didattico o un insegnante elementare designato dal provveditore agli studi; dal presidente del patronato scolastico; da un sacerdote designato dall'ordinario diocesano competente per territorio; da un medico esperto in materia di assistenza nominato dal medico provinciale. Le funzioni di segretario erano esercitate da un impiegato del comune. Il comitato comunale era nominato dal presidente della federazione provinciale; i membri duravano in carica per cinque anni e potevano essere riconfermati. Il comitato comunale nominava un vicepresidente scelto tra i consiglieri comunali membri del comitato stesso o tra i membri designati dal consiglio comunale.
La legge 23 dicembre 1975, n. 698, scioglieva e trasferiva le funzioni dell'opera nazionale e dei patronati alle regioni, compresi i poteri di vigilanza e di controllo su tutte le istituzioni pubbliche e private per l'assistenza e protezione della maternità e dell'infanzia. A norma dell'art. 10 il fondo destinato all'opera nazionale e ai suoi organi locali veniva ripartito tra le regioni a statuto ordinario e a statuto speciale, nonché tra le province di Trento e Bolzano. Le regioni dovevano assegnare alle province ed ai comuni le somme necessarie all'esercizio delle funzioni ad essi attribuite.
La medesima legge disponeva che restassero attribuite allo stato e venissero esercitate dal ministero della sanità le funzioni di carattere internazionale già esercitate dall'O.N.M.I.