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Confederazione fascista dei lavoratori del commercio. Sezione di Signa

Sede: Signa (Firenze)

Date di esistenza: 1942 - 1943 1

Intestazioni: Confederazione fascista dei lavoratori del commercio. Sezione di Signa, Signa (Firenze), 1942 - 1943

Storia amministrativa:
La crisi vissuta dal regime nei mesi successivi alla presa del potere venne superata da Mussolini all'inizio del 1925 - pochi giorni dopo il VI Congresso della Cgl, tenuto a Milano nel dicembre 1924 -, quando il duce decise una svolta in senso "totalitario" attraverso una serie di provvedimenti liberticidi (le "leggi fascistissime"), che annullarono qualsiasi forma di opposizione al fascismo.
Sul piano sindacale, con gli accordi di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925, Confindustria e sindacato fascista si riconoscevano reciprocamente quali unici rappresentanti di capitale e lavoro e abolivano le Commissioni interne. La sanzione ufficiale di tale svolta arrivò con la legge n. 563 del 3 aprile 1926, che riconosceva giuridicamente il solo sindacato fascista (l'unico a poter firmare i contratti collettivi nazionali di lavoro), istituiva una speciale Magistratura per la risoluzione delle controversie di lavoro e cancellava il diritto di sciopero. Essa prevedeva, com'è noto, il riconoscimento, per ogni specie di impresa o categoria di prestatori d'opera, di un solo sindacato aderente alla Confederazione nazionale dei sindacati fascisti, al quale attribuiva potere di stipulare contratti collettivi obbligatori anche per i lavoratori non iscritti, e vietava, nel contempo, lo sciopero e la serrata, prescrivendo, in caso di conflitto, il ricorso alla Magistratura.
Durante il secondo semestre del 1927 e i primi mesi dell'anno successivo si assistette ad una sottile polemica a sfondo antisindacale che culminò nell'intervento di Mussolini in occasione del III Congresso delle Corporazioni fasciste. In tale circostanza il capo del fascismo sottolineò la necessità di "perfezionare l'ordinamento sindacale, perfezionarlo nel suo inquadramento, nella sua costituzione organica".
Il discorso fu la premessa per un'offensiva contro l'organismo capitanato da Rossoni divenuto ormai scomodo a un'ampia componente del fascismo: il potere della Confederazione doveva a tutti i costi essere ridimensionato in favore del Partito. Il 21 novembre del 1928 si giunse così allo "sbloccamento", ossia allo scioglimento della Confederazione unica.
Sul piano nazionale, le categorie vennero inquadrate nelle federazioni nazionali costituite per i diversi rami dell'attività economica. Le federazioni aderirono a più ampi organismi di carattere nazionale e cioè alle confederazioni, costituite in corrispondenza delle grandi branche della produzione ed aventi il compito di coordinare l'attività sindacale delle varie federazioni e di esprimere integralmente gli interessi generali delle categorie in esse organizzate:
Confederazione fascista degli agricoltori cui aderiscono 4 federazioni nazionali;
Confederazione fascista dei lavoratori dell'agricoltura, cui aderiscono 4 federazioni nazionali;
Confederazione fascista degli industriali con 45 federazioni;
Confederazione fascista dei lavoratori dell'industria con 20 federazioni di cui una, quello dello spettacolo, comprende 9 sindacati nazionali;
Confederazione fascista dei commercianti con 37 federazioni;
Confederazione fascista dei lavoratori del commercio, con 5 federazioni;
Confederazione fascista delle aziende di credito e delle assicurazioni, con 13 federazioni;
Confederazione fascista dei lavoratori del credito e delle assicurazioni, con 4 federazioni;
Confederazione fascista dei professionisti e artisti con 22 sindacati nazionali.
A queste si aggiungono inoltre speciali federazioni nazionali di cooperative che aderiscono all'Ente nazionale fascista della cooperazione ed alle confederazioni di imprese similari. Alla periferia, le categorie vennero organizzate in sindacati ed eventualmente in nuclei minori. Dalle confederazioni dipendevano localmente le unioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, che coordinavano l'attività degli organi locali delle federazioni nazionali; per i professionisti e gli artisti vennero costituiti appositi sindacati provinciali. La legge del 5 febbraio 1934 stabilì le 22 corporazioni:
Cereali, orto-floro-frutticoltura, viti-vinicola e olearia, zootecnia e pesca, legno, tessile, abbigliamento, siderurgia e metallurgia, meccanica, chimica, combustibili liquidi e carburanti, carta e stampa, costruzioni edili, acqua, gas ed elettricità, industrie estrattive, vetro e ceramica, comunicazioni interne, mare e aria, spettacolo, ospitalità, professioni e arti, previdenza e credito.
All'interno di esse, i sindacati si distribuiscono secondo il ciclo produttivo: ogni corporazione comprende infatti tutti i sindacati di ogni ramo di produzione, andando a formare tre gruppi:
a) Corporazioni a ciclo produttivo agricolo, industriale e commerciale;
b) Corporazioni a ciclo produttivo industriale e commerciale;
c) Corporazioni per le attività produttrici di servizi.
Il decreto legislativo luogotenenziale del 23 novembre 1944, n. 369 sancirà la soppressione delle organizzazioni sindacali fasciste e la liquidazione dei rispettivi patrimoni.
L'attribuzione dei loro patrimoni residui sarà disciplinata dalla legge 18 novembre 1977, n. 902.



Fonte: